SAN BENEDETTO

 

    L'anno di nascita di s. Benedetto non è storicamente certo, ma la tradizione lo colloca nel 480 a Norcia. S.Benedetto appartiene ad una famiglia nobile, forse quella gens Anicia, che come molte, nel periodo di decadenza dell'Impero, aveva abbandonato Roma per la più tranquilla provincia.

    Benedetto compie i primi studi a Norcia. Alla sua formazione contribuiscono gli esempi dei venerati asceti e della sorella Scolastica, consacrata alla vita religiosa fin dagli anni dell'infanzia. Mandato successivamente a Roma per seguire un indirizzo letterario e giuridico, conveniente alla sua condizione sociale, Benedetto conosce il degrado economico e sociale della città, determinato anche dalla contesa del supremo pontificato da parte di Simmaco e Lorenzo, nonostante la pace assicurata in quegli anni da Teodorico.

    A 17 anni Benedetto, accompagnato dalla sua nutrice, fugge da Roma verso Tivoli e si ferma nel borgo di Enfide, l'odierna Affile, a circa 60 Km da Roma, per dedicarsi in solitudine alla vita religiosa. Ma i primi eventi straordinari alimentano la devozione e la curiosità e suscitano intorno a lui una indesiderata popolarità. Benedetto prosegue il cammino verso i monti e raggiunge la vicina località di Subiaco, "sub lacus". Qui incontra un monaco di nome Romano, il quale dimora in un piccolo monastero non lontano, sotto la guida del padre Adeodato, al quale Benedetto confida il suo proposito di vita ascetica.     Romano lo accompagna in una caverna nascosta in un luogo selvaggio, lo riveste dell'abito religioso, e si cura di portargli quotidianamente del pane, privandosi della sua porzione di cibo, calandolo dall'alto per mezzo di una fune. Romano è fedele alla consegna e custodisce il segreto del rifugio nel quale Benedetto, per tre anni, conduce una vita aspra e solitaria.

    Venerato per la sua virtù, Benedetto, secondo la tradizione, viene invitato da una comunità di monaci di Vicovaro ad assumere il governo del monastero a seguito della morte dell'abate. I tentativi di Benedetto di creare i presupposti per una nuova vita spirituale si infrangono contro l'ostinata volontà dei monaci, che tentano di ucciderlo con una coppa di vino avvelenato. Benedetto abbandona così Vicovaro e ritorna allo speco di Subiaco: ma sono ormai molti che vengono a lui e lo riconoscono come maestro di vita. Egli ben presto comprende la necessità di abbandonare definitivamente la vita ascetica per dedicarsi all'insegnamento. Fonda così dodici piccoli monasteri, con i rispettivi superiori, che fanno tutti capo a lui, riservando per sé il monastero dedicato alla formazione dei discepoli.

    La fama di Benedetto si diffonde anche presso la nobiltà romana: due illustri cittadini, Equizio e il patrizio Tertullio, consegnano a Benedetto i propri figli Mauro e Placido, che saranno i primi componenti della grande famiglia benedettina. Ma la gelosia e l'avversione per il successo che Benedetto riscuote tra i giovani, spinge un monaco di nome Fiorenzo a tentare di ucciderlo con del pane avvelenato. Il piano non riesce. Tuttavia Fiorenzo istiga alla corruzione i discepoli conducendo sette giovani fanciulle nel giardino del monastero. Benedetto decide allora di abbandonare tanta malvagità e di trasferirsi in altro luogo, per edificare una nuova casa, espressione definitiva di quell'ideale di vita monastica che ha maturato nei lunghi anni di vita contemplativa. Assicurato un definitivo assetto alla comunità sublacense, Benedetto inizia il suo viaggio verso l'antica città di Cassino, dove vi approda tra il 525 e il 529. Qui, nonostante cinque secoli di predicazione cristiana, il paganesimo è ancora molto diffuso, anche in quei luoghi che sono stati sede del vescovo Severo, situati vicino ad Aquino, importante diocesi occupata in quegli anni da s. Costanzo. Benedetto abbatte gli altari pagani, recide il bosco sacro ad Apollo, volge al culto cristiano i templi, consacrandoli a s. Martino di Tours, il monaco apostolo delle Gallie, e a s. Giovanni Battista, padre dei monaci del Nuovo Testamento e precursore di Cristo. Adattando i vecchi edifici, ne eleva di nuovi per la dimora dei monaci. La costruzione di Montecassino vede Benedetto impegnato come architetto, ingegnere ed organizzatore del nuovo monastero, dove resterà per sempre, dedito alla definizione della sua Sancta Regula, sul modello eremitico orientale risalente a s. Pacomio e sulla base degli insegnamenti di s. Basilio, di Cassiano, di s. Cesario e della Regula Magistri, anonima.

    La tradizione vuole che Benedetto muoia a Montecassino nel 547, il 21 di marzo. Sei giorni prima fa aprire il sepolcro e, sentendo vicino l'ora della dipartita, si fa accompagnare nell'oratorio ove, munito dei sacramenti e sostenuto dai discepoli, rende l'anima al Signore.

    Due o tre decenni dopo la sua morte i longobardi attaccarono Montecassino e vi compirono la prima delle memorabili distruzioni che scandiscono, come tappe, la storia di quell'abbazia.

    I monaci scampati al disastro si rifugiarono a Roma portando con sé il testo della "Regola", quasi certamente autografo di san Benedetto.

    Da loro stessi il papa san Gregorio Magno apprese la vita del grande santo e ce ne trasmise il racconto nel secondo libro dei suoi "Dialoghi" unica fonte storica in nostro possesso per conoscere la vita di san Benedetto..

    La Regola benedettina con le sue esigenze di ordine, di stabilità, di sapiente equilibrio fra preghiera e lavoro, si impose ben presto a tutto il monachesimo occidentale e fu seguita in tutti i monasteri europei.

    San Benedetto divenne così uno dei santi più popolari e venerati ed apparve a tutti come l'uomo suscitato da Dio per portare la pace là dove erano state seminate le distruzioni e la morte.

    Divenuto il simbolo dell'ideale monastico, fu spontaneo attribuire a lui il merito di tutto ciò che il monachesimo, compreso quello pre-benedettino e quello extra-benedettino aveva compiuto a servizio della civiltà.

    Così nel 1947, Pio XII lo chiamò "Padre dell'Europa" e il 24 ottobre 1964, in coincidenza con la consacrazione della basilica di Montecassino, ricostruita dopo la distruzione della seconda guerra mondiale, Paolo VI lo proclamò "patrono d'Europa.

 

SAN BERNARDO

 

    Bernardo nacque a Fontaines-les-Dijon, in Borgogna, nel 1090, figlio del cavaliere Tescelin e di Aleth, imparentata ai duchi di Borgogna. Destinato alla carriera ecclesiastica, andò alla scuola dei canonici di Chatillon-sur-Seine, e vi terminò i suoi studi nel 1106, a 16 anni.

    Tra il 1112 e il 1113 entrò nel monastero benedettino di Cîteaux (Cistercium in latino, da cui prendono nome i cistercensi ), fondato nel 1098 da Roberto di Molesmes e da lui scelto per il rigore con cui vi si seguiva la regola.

    Nel 1115, a soli 25 anni, fu mandato a fondare, insieme a dodici monaci, un nuovo monastero a Clairvaux, che diresse poi fino alla morte e sulle regole del quale sarebbero poi stati creati una sessantina di altri monasteri, fra i quali quello di Chiaravalle a Milano, fondato nel 1135.

 

Le sue battaglie

 

    La severità, il rigore, la forza di carattere di Bernardo hanno presto modo di rivelarsi anche fuori da Clairvaux. A cominciare dalle sue battaglie contro i monaci di Cluny, secondo lui troppo poco fedeli alla regola, troppo 'lassisti' e amanti della ricchezza, con chiese troppo adorne. Ai suoi cistercensi egli chiede meno funzioni e letture ma tanto lavoro: e infatti si estende in Europa la fama dei monaci contadini che dove arrivano riescono a far fruttare terre fino a quel momento incolte.

    Ma Bernardo non si limita a un'azione morale all'interno della comunità monastica ed ecclesiale. Per le sue doti oratorie e il suo carisma, diffusi ormai anche oltre i confini francesi, viene chiamato a dirimere questioni delicate di carattere politico-religioso. Come quando si trova a percorrere tutta l’Europa, fra il 1130 e il 1135, per far ritrovare unità alla Chiesa, scossa da uno dei suoi scismi più gravi. Alla fine riesce a far riconoscere Innocenzo II (Gregorio Papareschi) come il vero papa, contro l’antipapa Anacleto II (Pietro de’ Pierleoni), sostenuto dal re normanno Ruggero II, e a porre fine allo scisma, proprio grazie al suo prestigio, alla sua abilità dialettica e alla sua autorità.

    Autorità e abilità dialettica che lo inducono anche ad attaccare duramente l’insegnamento di Pietro Abelardo, docente di teologia e logica a Parigi, del quale fa condannare le teorie dal concilio di Sens nel 1140, così come la dottrina trinitaria di Gilbert de la Porrée, vescovo di Poitiers, facendola condannare dal concilio di Reims nel 1147.

 

Bernardo e le crociate

 

    Nel 1145 intanto è diventato papa il suo discepolo Bernardo dei Paganelli (Eugenio III ), che lo chiama a predicare la seconda crociata in difesa del regno cristiano di Gerusalemme. Bernardo convince il re di Francia, Luigi VII, così come l'imperatore tedesco Corrado, a partecipare all'impresa e verso la età del 1147 i due eserciti partono per questa grande spedizione, che si conclude però nel 1149 con la sconfitta dei cristiani. Bernardo, sul quale alcuni tentano di far ricadere la responsabilità della disfatta, scrive in proposito una sorta di apologia della propria condotta - che è anche una giustificazione dell'opera della Divina Provvidenza - inclusa nel libro De consideratione , del 1148, dedicato a papa Eugenio III.

    Testo che, insieme a De diligendo Deo del 1127, è fra le più famose opere del santo, che  scrisse ben 331 sermoni e 534 lettere, oltre a numerosi trattati su grazia e libero arbitrio, sul battesimo, sui doveri dei vescovi...     Particolarmente devoto a Maria, Bernardo ne promosse il culto, fino ad allora meno intenso nell'Occidente cristiano di quanto fosse in Oriente, che egli chiamava mediatrice di grazie (pur non riconoscendo la dottrina dell’Immacolata Concezione). Per questo Dante lo pone nella sua Divina Commedia, nell'ultimo canto del Paradiso, come mediatore tra l'uomo e la Vergine.

 

Bernardo e i Templari

 

    Bernardo divenne anche il santo dei Cavalieri Templari , l'ordine fondato nel 1119 a Gerusalemme a difesa del Tempio, di cui ottenne il riconoscimento da parte della Chiesa in occasione del concilio di Troyes, nel 1128, concilio di cui egli era segretario. Per i Templari bernardo tracciò i lineamenti della loro regola, e su questo programma di vita scrisse poi il trattato De laude novae militiae , ovvero l’Elogio della nuova cavalleria, com'egli intendeva la loro missione.

    Difficili gli ultimi anni della vita di Bernardo, tra i conflitti all'interno dell’Ordine, la diffusione di eresie in Europa e la sofferenza fisica dovuta a un tumore allo stomaco.
    Il grande monaco muore il 20 agosto del 1153, a 63 anni, e viene seppellito nella chiesa del monastero di Clairvaux. Al tempo della Rivoluzione francese i suoi resti andranno dispersi, tranne la testa che si trova ora nella cattedrale di Troyes.
    Papa Alessandro III lo proclamò santo nel 1174, e papa Pio VIII, nel 1830, gli diede il titolo di Dottore della Chiesa per l'importanza dei suoi scritti.

    Il 20 agosto è il giorno in cui il Pontefice ricorda nell'Angelus la figura del santo

 

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